Il Talento e il denaro

Alcune considerazioni sugli abnormi stipendi dei manager aziendali
manager-moneta-talentoImmagina di essere un campione olimpionico del salto in lungo, hai superato il record mondiale e ti stai preparando per un evento sportivo che si terrà fra sei mesi. Una mattina ti svegli e ti ritrovi i piedi rivestiti di due scarpe d’oro di 10 kg ognuna. Non riesci in nessun modo a liberartene. Il medico che segue la tua carriera sportiva ti dice che non puoi più neanche allenarti perché le tue ginocchia non reggono l’eccesso di peso. La tua carriera è praticamente finita. «Come fai a saltare in quel modo?» ti chiede la gente per strada, mentre firmi autografi e ti fai immortalare in qualche foto. Per tutti sei un fenomeno della natura, un talento, ma dopo quello che è accaduto, puoi ancora considerarti tale?
Negli Stati Uniti da un po’ di tempo si è acceso un aspro dibattito riguardo agli abnormi stipendi dei manager aziendali. Da una parte troviamo chi, come l’attuale Presidente della Casa Bianca, sostiene che tali “stipendi” sono eticamente ingiusti. Dall’altra invece vi è una posizione più pragmatica di chi li considera necessari per attrarre, trattenere ed incentivare il personale di talento. Nel nostro Paese, sembra essere sorta la stessa questione in merito alle corpose buste paga dei manager del settore pubblico.
La scienza a riguardo ci fornisce i dati necessari per fare maggiore chiarezza su questo argomento, sia in ambito teorico che in quello pratico.
Karl Anders Ericsson, docente di psicologia presso la Florida State University, è noto per i suoi studi sulla competenza. Egli sostiene che in natura non esistono persone nate con un particolare talento. I grandi personaggi che conosciamo a scuola o tramite i media hanno acquisito le capacità da cui è scaturita la loro fama grazie al miglioramento costante nell’attività svolta. In altre parole il professor Ericsson afferma che il talento si conquista. Ciò che occorre per essere talentuosi è la pratica intenzionale ossia un allenamento continuo che si basa sull’affrontare sempre nuove sfide per superare i propri limiti [1].
Il neurologo Dean Mobbs, docente presso l’Università di Cambridge, insieme ad alcuni suoi colleghi, ha effettuato un particolare esperimento utilizzando strumenti in grado di scansionare il cervello e di rilevare l’inadempienza dell’individuo in uno stato di pressione (brain imaging technologies). Ai partecipanti è stato chiesto di catturare una preda nel labirinto bidimensionale di un videogame, e nel frattempo la loro attività celebrale sarebbe stata registrata. Ad ognuno di loro è stata data anche la possibilità di ricevere un premio in denaro per il raggiungimento dell’obiettivo nel tempo stabilito. La ricompensa variava da uno all’altro. Gli scienziati hanno rilevato che i partecipanti oltre ad avere attiva la parte del cervello riguardante l’azione da compiere, avevano accese anche altre zone neurali non attinenti al semplice compito dato. In sostanza il premio in denaro ha rallentato la mente degli individui portandoli a ottenere risultati più bassi di quanto magari sarebbero riusciti a fare concentrandosi soltanto sull’obiettivo prefissato. Dean Mobbs e i suoi collaboratori inoltre hanno affermato che più alto era il premio, più basso era stato il livello di performance. Troppi soldi, usando le parole di Mobbs, offuscano il cervello [2].
Se il talento non è innato e necessita di un continuo allenamento, se le eccessive ricompense appesantiscono le nostre azioni, possiamo considerare talentuosi i manager che hanno una abnorme busta paga?
La risposta a questa domanda non dipende solo da una questione etica, collettivamente riconosciuta e condivisa, ma è già stata data dalla scienza.

Thomas Grippo


[1] Per ulteriori approfondimenti consultate: K. A. Ericsson; M. J. Prietula; E. T. Cokely, The Making of an Expert, Harvard Business Review, (July – August) 2007.^
[2] Per ulteriori approfondimenti consultate il link: http://www.bbc.com/future/story/20120509-is-it-all-about-the-money. ^

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